Marco Travaglio: “Bettino Craxi. Miliardi di tangenti per uso personale sottratti al partito”
















Morì latitante: – corruzione Eni Sai e Metropolitane milanesi, condanne definitive per 10 anni di carcere. Enimont, All Iberian e il “conto protezione”
Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 9 GENNAIO 2020) – Bettino Craxi muore il 19 gennaio 2000 da latitante ad Hammamet con due condanne definitive (5 anni e 6 mesi per corruzione Eni-Sai, 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito Metropolitana milanese), due in appello (3 anni per i finanziamenti illeciti di Enimont, 5 anni e 6 mesi per corruzione da Enel) e un’altra annullata dalla Cassazione con rinvio ad altro appello (5 anni e 9 mesi per la bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano nello scandalo del conto Protezione); la prescrizione l’ha appena salvato in appello dopo una condanna a 4 anni in Tribunale per le mazzette di Berlusconi dai conti All Iberian; e gli altri processi in corso in primo grado – per le bustarelle dell’autostrada Milano-Serravalle (corruzione) e della cooperazione col Terzo mondo, nonché per frode fiscale sui proventi delle sue varie tangenti – sono dichiarati “estinti per morte del reo”. Se fosse tornato in Italia, sarebbe finito in carcere per un bel pezzo o, viste le sue condizioni di salute, agli arresti in ospedale.
ENI SAI.
Nel 1992, la Sai di Salvatore Ligresti e l’Eni del craxiano Gabriele Cagliari si accordano per dar vita a una società mista che gestisca i contratti assicurativi di tutti i dipendenti del gruppo petrolifero. Per liberarsi dei concorrenti (anzitutto l’Ina), Ligresti sborsa ai partiti una mega-tangente di 17 miliardi di lire. Quando lo arrestano, dopo breve latitanza, confessa al pm Fabio De Pasquale di aver trattato personalmente con Craxi e Cagliari per il Psi e col tesoriere della Dc Severino Citaristi. Poi i due partiti si spartirono la gigantesca torta.
ALL IBERIAN.
Tra gennaio e ottobre del 1991 Craxi, che ha appena imposto alla riottosa Dc la legge Mammì per riformare il sistema radiotelevisivo su misura del monopolio privato della Fininvest, riceve sui suoi conti svizzeri 23 miliardi di lire in più tranche da Silvio Berlusconi. I soldi partono dalla All Iberian, capofila della Fininvest offshore. E questa volta non vanno al Psi, ma personalmente al suo segretario. La sentenza d’appello che conferma i reati ma li dichiara prescritti, sulla scorta delle testimonianza dei vari prestanome di Craxi, stila una lunga lista delle spese private di Bettino con il bottino sui conti svizzeri gestiti dal fido Giorgio Tradati: “Craxi dispose prelievi non soltanto per pagare gli stipendi dei redattori dell’Avanti!… Ma anche per altre, più prosaiche destinazioni: sia a fini di investimento immobiliare (l’acquisto di un appartamento a New York), sia per versare alla stazione televisiva Roma Cine Tivù (di cui era direttrice generale Anja Pieroni, legata a Craxi da rapporti sentimentali) un contributo mensile di 100 milioni di lire. Lo stesso Craxi, poi, dispose l’acquisto di una casa e di un albergo [l’Ivanhoe, nda] a Roma, intestati alla Pieroni”. Alla quale Craxi faceva pagare anche la servitù, l’autista e la segretaria. Dagli atti risultano poi “operazioni immobiliari: due a Milano, una a Madonna di Campiglio, una a La Thuile”. E una villa e un generoso prestito di 500 milioni per il fratello Antonio (seguace del guru Sai Baba) e per sua moglie Sylvie Sarda. Poi vengono le spese di Raggio, che nel 1993 svuotò i conti esteri di Craxi (con 40 miliardi di lire) su sua richiesta e fuggì in Messico con la contessa Francesca Vacca Agusta. Una quindicina di miliardi – dice lui – li bruciò per “il mantenimento della sua detenzione” in Messico e della sua latitanza in Centroamerica, durata poco meno di due anni: 235.000 dollari tutti in un colpo “per un’amica messicana”; e una Porsche, acquistata in saldo a Miami. Il resto – assicura – rimase nella disponibilità di Craxi, a parte alcune spese che Bettino gli aveva commissionato: l’acquisto di “un velivolo Sitation del costo di un milione e mezzo di dollari”, un piccolo “mutuo personale” da Raggio (circa 800 milioni), le parcelle degli avvocati e “bonifici specificatamente ordinati da Craxi in favore di banche elvetiche”: inclusi 80 milioni di lire “in pagamento del canone relativo a un’abitazione affittata dal figlio di Craxi (Bobo, nda) in Costa Azzurra”. A Saint-Tropez, Bobo “aveva affittato una villa nell’ottobre-novembre ’93, per sottrarsi al clima poco favorevole creatosi a Milano”. Anche lui, a suo modo, esule. Insomma – scrive il Tribunale – i conti di Craxi servivano “alla realizzazione di interessi economici innanzitutto propri”: “Craxi è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi. La gestione di tali conti… non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari, così da mettere in difficoltà Balzamo… Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti”.
METROPOLITANA MILANESE.
Una delle mangiatoie più fruttuose per i partiti, e soprattutto per Craxi e il suo Psi, è quello degli appalti (regolarmente truccati) della Metropolitana milanese. Lì a ritirare le sue mazzette (quasi sempre il 50, talvolta il 25% del totale) è l’amico architetto-faccendiere Silvano Larini. Che confessa al pm Antonio Di Pietro: “Dal 1987 alla primavera ’91, ho avuto modo di ricevere 7 o 8 miliardi e ogni volta… li ho portati negli uffici di Craxi in piazza Duomo 19, depositandoli nella stanza a fianco della sua… Posavo la borsa o il plico sul tavolo e la Enza (Tomaselli, la segretaria di Craxi, nda) lo ritirava.. Ero io a confezionare il pacchetto, utilizzando buste marroncine. A volte le posavo sul tavolo della segretaria, a volte le lasciavo sul tavolo della camera di riposo di Bettino”.
CONTO PROTEZIONE.
Lo stesso Larini, dopo la latitanza, confessa al pool Mani Pulite il ruolo avuto in un vecchio scandalo emerso dalle carte della P2 e rimasto insoluto: quello del conto svizzero “Protezione”, aperto da lui nel 1980 per ricevere un versamento di 7 milioni di dollari provenienti dall’Eni, passati per il Banco Ambrosiano e destinati al Psi grazie ai buoni uffici di Gelli, su indicazione di Craxi e del suo vice Martelli.
ENIMONT.
La più grande tangente della storia d’Europa è quella di 140 miliardi di lire pagata ai partiti dalla Ferruzzi di Raul Gardini per lo scioglimento di Enimont, la joint venture fra Eni e Montedison, fra il 1991 e il ’92. E anche lì Craxi fa la parte del leone: i giudici gli contestano quasi 11 miliardi (7,5 per lo scioglimento di Enimont più 3,4 per le elezioni del 1992). Interrogato in aula al processo Cusani da Di Pietro il 17 dicembre 1993, Craxi confessa: “A me personalmente non hanno dato una lira. Ma sia il gruppo Ferruzzi, sia la Montedison hanno versato contributi all’amministrazione del partito. Ero al corrente della natura non regolare dei finanziamenti al mio partito. L’ho capito da quando portavo i pantaloni alla zuava!”. Poi estrae di tasca un bigliettino: “Dopo la morte di Vincenzo Balzamo, venne fuori questo foglietto scritto a mano, con le entrate da società ed enti. Lui scrive che in quattro anni ha raccolto 186 miliardi. Circa 50 miliardi all’anno”. Ovviamente fuorilegge.


Parte terza . I padrini politici.


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