Affidamenti illeciti. Nei piccoli Comuni "servizi sociali e appalti senza controlli"
Dopo l’inchiesta di Reggio Emilia emergono situazioni ad alto rischio nel nostro sistema di protezione dei figli in difficoltà L’avvocato Franceschini: gli abusi continuano
«Sempre che i fatti siano confermati…». A venti giorni dagli arresti per l’inchiesta affidi illeciti di Reggio Emilia, tutti si trincerano dietro la frase di rito. Ma intanto quei fatti sono capitati. Decine di bambini non sono già stati allontanati dalle loro famiglie? Non hanno già subìto interrogatori condotti con metodi che – a leggere i particolari dell’ordinanza – risultano invasivi e capziosi? Alcuni di loro non hanno già manifestato con sindromi da dipendenza e altro disturbi psicologi il disagio profondo per quegli episodi? Certo, l’altro ieri il Tribunale dei minori di Bologna, ha reso nota l’intenzione di rivedere i procedimenti relativi a 5 dei minori coinvolti.
E si tratta di una scelta comunque positiva. Ma, nel frattempo quanta sofferenza... Nel 2013 l’associazione 'Finalmente Liberi' presieduta dall’avvocato Cristina Franceschini, una lunga esperienza proprio accanto alle famiglie ferite dalla separazione e ai minori in difficoltà, aveva raccolto in un dossier tutti gli intoppi del diritto minorile. Era risultato che, su oltre mille giudici onorari – psicologi, neuropsichiatri, pedagogisti che affiancano il magistrato 'togato' nel collegio giudicante – circa 200 sembravano a rischio conflitto di interesse, perché impegnati a vario titolo nelle comunità destinate ad ospitare quegli stessi bambini oggetto delle sentenze emesse 'anche' da quei giudici.
Oggi la situazione è probabilmente diversa perché nel frattempo sono arrivati due provvedimenti del Csm che vieta in maniera esplicita agli 'onorari' di avere incarichi di qualsiasi tipo, anche a titolo gratuito, con le comunità d’accoglienza dei minori. Situazione ristabilita? «Credo che qualche abuso persista – osserva l’avvocato Franceschini – perché se il Csm è stato costretto ad intervenire due volte significa che il problema era grave. Stiamo completando un nuovo dossier anche su questo tema e lo renderemo noto al più presto».
Dove la situazione appare del tutto fluida – negativamente fluida – è invece sul fronte del rapporto tra amministrazioni locali, cooperative che assolvono le funzioni di competenza degli assistenti sociali e tribunali. La storia parte dalla legge 328 del 2000 – legge quadro di riforma dei Servizi socio assistenziali – che ha dato ai Comuni al di sotto dei cinquemila abitanti la possibilità di offrire servizi sociali consorziandosi in cooperative.
Ora, visto che in Italia i piccoli Comuni rappresentano quasi l’80 per cento del totale, servizi delicati e importanti, come quelli riguardanti appunto i minori fuori famiglia, risultano di fatto privatizzati in troppe zone. Ma ciò accade ormai per prassi anche nelle grandi città visto che il personale amministrativo è insufficiente. Il loro operato si svolge quasi senza controlli, nonostante venga utilizzato denaro pubblico, perché raramente nei piccoli Comuni ci sono risorse e competenze specialistiche per verificare decisioni professionali comunque complesse e delicate. «Queste realtà possono per esempio gestire i cosiddetti 'spazi neutri' – riprende la presidente di 'Finalmente liberi' – dove i genitori separati incontrano i figli allontanati da casa sotto la tutela di una psicologa o di una terapeuta, oppure il servizio di assistenza domiciliare qualora venga disposta prima dell’allontanamento o dopo il rientro in famiglia del bimbo.
Questi incontri, che dovrebbero servire anche per accertare le capacità genitoriali, hanno un costo. Il Comune o il genitore paga da 50 a 100 euro ogni incontro. Se quindi un ente o il genitore ha disponibilità economiche, ci possono essere uno e due incontri settimanali, altrimenti tutto viene diradato anche ad una sola ora al mese, alla faccia del presunto obiettivo di recupero della genitorialità ». Sulla base di questi incontri, i professionisti che operano nelle cooperative – di cui certamente la maggior parte offre servizi trasparenti e di grande competenza – preparano poi le relazioni per il giudice minorile.
Ma, considerando che la cooperativa guadagna anche grazie alla frequenza e alla durata dei colloqui, chi può accertare che non vengano dilatati oltre il necessario? «Non molto tempo fa alcuni miei assistiti mi avevano riferito di aver sentito personalmente la responsabile di una di queste realtà – rivela l’avvocato Franceschini – accordarsi con un funzionario comunale: 'Dobbiamo continuare ancora un anno altrimenti mi manca la copertura'. Capito? Quella cooperativa aveva un contratto annuale e aveva la necessità di prolungare il percorso con i genitori, benché non più necessario, per continuare a incassare le quote». Non sarebbe stato più opportuno con quei soldi aiutare quella e altre famiglie? Certamente sì. Ma chi può sindacare sulla relazione di una cooperativa privata che viene sottoscritta dall’assistente sociale e finisce per diventare l’atto di un pubblico ufficiale? Certo, le famiglie con competenze e, soprattutto disponibilità economiche, potrebbero nominare un consulente tecnico di parte (che costa in media oltre mille euro), ma ben difficilmente uno psicologo scelto dalla famiglia può influire sulle scelte del giudice prima della convocazione dell’udienza.
E non di rado passano mesi. Troppi mesi. «A meno che l’avvocato scelto dalla famiglia – conclude Cristina Franceschini – non si attivi in tempi rapidissimi, non prenda contatto subito con i servizi sociali, non si presenti al giudice per esporre il suo punto di vista. Certo, nella procedura ordinaria il pm ha 48 ore di tempo per l’obbligo di convalida di un fermo. Nel diritto minorile non ci sono limiti. E ogni giudice agisce a discrezione». C’è da stupirsi se in sistema così traballante possano accadere episodi come quelli emersi dall’inchiesta di Reggio Emilia? «Sempre che i fatti siano confermati…». Conosciamo il ritornello.
Dopo l’inchiesta di Reggio Emilia emergono situazioni ad alto rischio nel nostro sistema di protezione dei figli in difficoltà L’avvocato Franceschini: gli abusi continuano
«Sempre che i fatti siano confermati…». A venti giorni dagli arresti per l’inchiesta affidi illeciti di Reggio Emilia, tutti si trincerano dietro la frase di rito. Ma intanto quei fatti sono capitati. Decine di bambini non sono già stati allontanati dalle loro famiglie? Non hanno già subìto interrogatori condotti con metodi che – a leggere i particolari dell’ordinanza – risultano invasivi e capziosi? Alcuni di loro non hanno già manifestato con sindromi da dipendenza e altro disturbi psicologi il disagio profondo per quegli episodi? Certo, l’altro ieri il Tribunale dei minori di Bologna, ha reso nota l’intenzione di rivedere i procedimenti relativi a 5 dei minori coinvolti.
E si tratta di una scelta comunque positiva. Ma, nel frattempo quanta sofferenza... Nel 2013 l’associazione 'Finalmente Liberi' presieduta dall’avvocato Cristina Franceschini, una lunga esperienza proprio accanto alle famiglie ferite dalla separazione e ai minori in difficoltà, aveva raccolto in un dossier tutti gli intoppi del diritto minorile. Era risultato che, su oltre mille giudici onorari – psicologi, neuropsichiatri, pedagogisti che affiancano il magistrato 'togato' nel collegio giudicante – circa 200 sembravano a rischio conflitto di interesse, perché impegnati a vario titolo nelle comunità destinate ad ospitare quegli stessi bambini oggetto delle sentenze emesse 'anche' da quei giudici.
Oggi la situazione è probabilmente diversa perché nel frattempo sono arrivati due provvedimenti del Csm che vieta in maniera esplicita agli 'onorari' di avere incarichi di qualsiasi tipo, anche a titolo gratuito, con le comunità d’accoglienza dei minori. Situazione ristabilita? «Credo che qualche abuso persista – osserva l’avvocato Franceschini – perché se il Csm è stato costretto ad intervenire due volte significa che il problema era grave. Stiamo completando un nuovo dossier anche su questo tema e lo renderemo noto al più presto».
Dove la situazione appare del tutto fluida – negativamente fluida – è invece sul fronte del rapporto tra amministrazioni locali, cooperative che assolvono le funzioni di competenza degli assistenti sociali e tribunali. La storia parte dalla legge 328 del 2000 – legge quadro di riforma dei Servizi socio assistenziali – che ha dato ai Comuni al di sotto dei cinquemila abitanti la possibilità di offrire servizi sociali consorziandosi in cooperative.
Ora, visto che in Italia i piccoli Comuni rappresentano quasi l’80 per cento del totale, servizi delicati e importanti, come quelli riguardanti appunto i minori fuori famiglia, risultano di fatto privatizzati in troppe zone. Ma ciò accade ormai per prassi anche nelle grandi città visto che il personale amministrativo è insufficiente. Il loro operato si svolge quasi senza controlli, nonostante venga utilizzato denaro pubblico, perché raramente nei piccoli Comuni ci sono risorse e competenze specialistiche per verificare decisioni professionali comunque complesse e delicate. «Queste realtà possono per esempio gestire i cosiddetti 'spazi neutri' – riprende la presidente di 'Finalmente liberi' – dove i genitori separati incontrano i figli allontanati da casa sotto la tutela di una psicologa o di una terapeuta, oppure il servizio di assistenza domiciliare qualora venga disposta prima dell’allontanamento o dopo il rientro in famiglia del bimbo.
Questi incontri, che dovrebbero servire anche per accertare le capacità genitoriali, hanno un costo. Il Comune o il genitore paga da 50 a 100 euro ogni incontro. Se quindi un ente o il genitore ha disponibilità economiche, ci possono essere uno e due incontri settimanali, altrimenti tutto viene diradato anche ad una sola ora al mese, alla faccia del presunto obiettivo di recupero della genitorialità ». Sulla base di questi incontri, i professionisti che operano nelle cooperative – di cui certamente la maggior parte offre servizi trasparenti e di grande competenza – preparano poi le relazioni per il giudice minorile.
Ma, considerando che la cooperativa guadagna anche grazie alla frequenza e alla durata dei colloqui, chi può accertare che non vengano dilatati oltre il necessario? «Non molto tempo fa alcuni miei assistiti mi avevano riferito di aver sentito personalmente la responsabile di una di queste realtà – rivela l’avvocato Franceschini – accordarsi con un funzionario comunale: 'Dobbiamo continuare ancora un anno altrimenti mi manca la copertura'. Capito? Quella cooperativa aveva un contratto annuale e aveva la necessità di prolungare il percorso con i genitori, benché non più necessario, per continuare a incassare le quote». Non sarebbe stato più opportuno con quei soldi aiutare quella e altre famiglie? Certamente sì. Ma chi può sindacare sulla relazione di una cooperativa privata che viene sottoscritta dall’assistente sociale e finisce per diventare l’atto di un pubblico ufficiale? Certo, le famiglie con competenze e, soprattutto disponibilità economiche, potrebbero nominare un consulente tecnico di parte (che costa in media oltre mille euro), ma ben difficilmente uno psicologo scelto dalla famiglia può influire sulle scelte del giudice prima della convocazione dell’udienza.
E non di rado passano mesi. Troppi mesi. «A meno che l’avvocato scelto dalla famiglia – conclude Cristina Franceschini – non si attivi in tempi rapidissimi, non prenda contatto subito con i servizi sociali, non si presenti al giudice per esporre il suo punto di vista. Certo, nella procedura ordinaria il pm ha 48 ore di tempo per l’obbligo di convalida di un fermo. Nel diritto minorile non ci sono limiti. E ogni giudice agisce a discrezione». C’è da stupirsi se in sistema così traballante possano accadere episodi come quelli emersi dall’inchiesta di Reggio Emilia? «Sempre che i fatti siano confermati…». Conosciamo il ritornello.
Angeli e demoni”: giorno dopo giorno emergono aspetti inquietanti
“Angeli e demoni”. Vogliono il silenzio: è necessario urlare più forte – di Ernesto Ferrante
Il pentolone scoperchiato dalla Procura di Reggio Emilia, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di politici, medici, assistenti sociali e liberi professionisti che, da diversi anni, avevano messo in piedi un raccapricciante ma redditizio sistema di “gestione minori”, non è meritevole delle prime pagine dei quotidiani e delle prime serate televisive.
La stampa petalosa si è addormentata nel bel mezzo di un horror intitolato “Angeli e demoni”. E’ da giovedì scorso che il sonno l’ha rapita, immobilizzandole mani, occhi e bocca.
Sembrano lontanissimi quei giorni in cui (meno di una settimana fa) più vispa della celebre Teresa, tutta giuliva, stringendola viva (la notizia), gridava a distesa: “L’ho presa! L’ho presa!”. Deve essere colpa della stanchezza accumulata tra una montatura e l’altra.
Il pentolone scoperchiato dalla Procura di Reggio Emilia, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di politici, medici, assistenti sociali e liberi professionisti che, da diversi anni, avevano messo in piedi un raccapricciante ma redditizio sistema di “gestione minori”, non è meritevole delle prime pagine dei quotidiani e delle prime serate televisive.
Angeli e demoni: quel silenzio che uccide
E non manca chi (come il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e i gazzettieri di riferimento) ha addirittura trovato la forza di uscire dal mutismo selettivo che lo sta affliggendo solo per bollare come patetici “i tentativi di strumentalizzare politicamente questo dramma”.
Sono più interessanti le corna rumorose di un “Temptation Island” che le lacrime mute di decine di bambini innocenti strappati dalle braccia dei genitori da una dirigente del servizio di assistenza sociale dell’Unione Comuni Val D’Enza, omosessuale e già legata ad alcune donne affidatarie di minorenni, della quale il giudice scrive che sono “la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni a renderla portata a sostenere con erinnica perseveranza la ‘causa’ dell’abuso da dimostrarsi ad ogni costo”.
Un macabro teatro della sopraffazione e del sadismo spacciato per modello istituzionale da emulare sul tema della tutela dei minori abusati, su cui è evidente il tentativo di far calare in anticipo il sipario.
Uno schifo immondo fatto di false relazioni e disegni artefatti per allontanare i bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito anche ad amici e conoscenti (titolari di sexy shop, con problematiche psichiche e con figli suicidi) e addirittura di impulsi elettrici utilizzati sui minori durante le sedute di psicoterapia, per alterare lo stato dei loro ricordi in prossimità dei colloqui giudiziari. Due i casi accertati di stupro presso le famiglie affidatarie ed in comunità.
Il sindaco Pd Andrea Carletti
I destinatari della misura cautelare, tra cui spicca il sindaco del Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso.
Ad emergere con evidenza dalle intercettazioni con cui la Procura di Reggio Emilia ha inchiodato Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji, la coppia omosessuale coinvolta nell’agghiacciante inchiesta che avrebbe dovuto scuotere l’Italia e far entrare in azione centinaia di penne strapagate, è anche lo squilibrio mentale di una delle due donne.
Si legge infatti nell’ordinanza che Danila Bedogni, in più occasioni e, mentre si trovava da sola nella sua auto, “instaurava lunghe conversazioni con soggetti immaginari”.
E tra le urla di totale delirio la donna alternava bestemmie, canti eucaristici e forti liti in cui si immaginava di sgridare bambini. Ed è proprio a lei che è stata data in affido una minore.
I servizi sociali l’avevano infatti considerata idonea. A quanto pare con l’aiuto di Federica Anghinolfi, definita la zarina dei servizi sociali, precedentemente legata alla Bassmaji.
Negli atti si legge infatti che Fadia e la Anghinolfi “risultano aver avuto in passato tra loro una relazione sentimentale, dato acclamato anche in ragione di fotografie presenti sui social network”.
Un movente ideologico
Giorno dopo giorno diventa sempre più nitido un altro aspetto inquietante di questa vicenda: dietro la “selezione” degli affidatari potrebbe esserci anche un movente ideologico.
Dall’ordinanza del tribunale salta agli occhi un altro indizio importante: sui nove minori affidati illecitamente, più di uno è stato affidato a coppie gay.
Ad individuare le coppie idonee alla presa in carico temporanea del minore era sempre lei: Federica Anghinolfi.
Era stata ancora lei, per esempio, ad affidare una delle bambine a Cinzia Prudente, sua ex compagna e comproprietaria di un appartamento dove le due hanno convissuto per ben quattro anni.
Durante gli incontri pubblici a cui prendeva parte, la Anghinolfi non mancava di evidenziare l’importanza di “andare oltre il tema dell’identità di genere nella relazione genitoriale”.
E non finisce qui, purtroppo. Almeno 5 professionisti all’interno del centro di Val d’Enza hanno scampato i domiciliari perché risultano traumatizzati da violenze sessuali in tenera età.
Per il gip “sono troppo disturbati per arrestarli”. Una constatazione che rivela in quali mani siano finiti decine di bambini.
Francesco Morcavallo, dal settembre 2009 al maggio 2013 giudice presso il Tribunale dei minorenni di Bologna, da anni lancia allarmi su quello che definisce “il più osceno business italiano”: il troppo facile affidamento di decine di migliaia di bambini e bambine all’implacabile macchina della giustizia.
50mila minori in affido
Un percorso che inizia con la sottrazione alle famiglie e finisce con l’internamento (questo il termine che il giudice utilizza) negli istituti e nelle comunità governati dai servizi sociali.
In Italia sono almeno 50 mila i minori affidati, con un costo di circa 1,5 miliardi l’anno. E non esiste nemmeno un registro degli affidati, come accade in quasi tutti i paesi occidentali.
Sul volume di affari del “sistema”, si è espresso anche il presidente dell’Ami (Associazione avvocati matrimonialisti italiani).
“Non avevo mai sentito un caso grave come questo. I fatti di Reggio Emilia, se verificati in sede processuale, confermano quelli che sono sempre stati i sospetti di una parte dell’avvocatura e della magistratura circa la strumentalizzazione e il mercimonio che si fa di certi bambini per farli entrare nelle case famiglia”, spiega Gian Ettore Gassani.
“Sappiamo che i bambini possono rendere tantissimo, un business pazzesco che oscilla tra i 100 e i 200 euro al giorno”, prosegue Gassani .
Meccanismi e nomi noti a Pablo Trincia, autore con Alessia Rafanelli dell’inchiesta “Veleno”, il podcast che ricostruiva le vicende di una presunta banda di pedofili (i cosiddetti “Diavoli della bassa modenese”) che alla fine degli anni Novanta portò all’allontanamento di 16 bambini dalle loro famiglie.
Molti di quei genitori non hanno più rivisto i loro figli. Alcuni si sono suicidati, altri sono espatriati. Tanti, troppi hanno sofferto.
Una storia terribile sotto ogni punto di vista
Nelle sette puntate pubblicate da Repubblica.it dall’autunno 2017, Trincia e Rafanelli ricostruivano i fatti, mettendo in luce i molti dubbi sul ruolo svolto da assistenti sociali, psicologi e ginecologi durante le indagini. Quegli stessi professionisti sono finiti in manette nell’inchiesta “Angeli e Demoni”.
Chiudiamo questo editoriale con alcuni stralci della lettera aperta indirizzata al vicepremier Luigi Di Maio dall’avvocato modenese Francesco Miraglia, che da oltre dieci anni denuncia casi eclatanti di affidamenti “facili”.
Facciamo nostre le domande dell’avvocato: “Chi risarcirà questi genitori? Chi restituirà loro i figli? Ma soprattutto, a questi bambini, alcuni ancora piccoli, in altri casi adolescenti, chi dirà la verità? Chi dirà loro che vivono da anni insieme ad estranei, lontani dai genitori, dai nonni, dagli amichetti di scuola perché qualcuno ha voluto guadagnare sulla loro pelle? Chi lo farà? E con che metodo, poi?”.
“Possiamo solo immaginare, scrive Miraglia, quanto devastante potrà essere per un ragazzo apprendere di essere vittima di un sistema. Di essere stato allontanato da casa per mero lucro, per mero guadagno”.
La conclusione di Francesco Miraglia è amarissima: “Esiste un numero enorme di genitori che sta piangendo per i figli strappati dalle loro amorevoli braccia, esiste un numero enorme di bambini che piange per non avere più l’abbraccio della propria mamma. E non solo per colpa di assistenti sociali inette o, peggio, criminali, ma anche per i provvedimenti finali emanati dai Tribunali dei minori, perché per ogni relazione e richiesta di allontanamento presentata da un’assistente sociale, c’è comunque un giudice a pronunciare la parola affido”.
Non si spenga la luce su questo “inferno ovattato”. Non si abbassi la voce nel chiedere giustizia e verità. Vogliono il silenzio: è necessario urlare più forte. Fonte: Opinione pubblica
L' ANGOLO DEI RICORDI.. BRUTTI RICORDI.. DAL MIO DIARIO. 1995 / 2007
Infanzia rubata...Bimbi rubati..Ne avevo parlato nel mio diario..tanti anni fa..vedo che da allora le cose non sono cambiate..che gente di M...
http://issuu.com/gabrielecervi/docs/famiglia_negata
L' ANGOLO DEI RICORDI.. BRUTTI RICORDI.. DAL MIO DIARIO. 1995 / 2007
Infanzia rubata...Bimbi rubati..Ne avevo parlato nel mio diario..tanti anni fa..vedo che da allora le cose non sono cambiate..che gente di M...
http://issuu.com/gabrielecervi/docs/famiglia_negata
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