VIDEO LETTERA ALLA MINISTRA BELLANOVA E AI PARLAMENTARI.
DOSSIER 1 PARTE.
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gabriele cervi
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Sindacalista Soumahoro: “I ministri mettano gli stivali. Nei campi non manca manodopera ma diritti”
Aboubakar Soumahoro, dirigente sindacale italo-ivoriano dell’USB: “Le condizioni dei braccianti di oggi ricordano quelle degli inizi del ‘900. Nei campi non manca la manodopera, mancano i diritti e servono competenze, non solo braccia da sfruttare. Prima di rilasciare dichiarazioni sensazionalistiche i ministri dovrebbero indossare gli stivali e scendere nei campi”. E sul coronavirus: “Solo noi abbiamo distribuito dispositivi di protezione individuali nelle campagne”.
Aboubakar Soumahoro, dirigente sindacale italo-ivoriano dell'USB, ci risponde da Manfredonia, in provincia di Foggia, in un caldissimo pomeriggio primaverile e durante una giornata in cui migliaia di braccianti sono chini sui campi e dediti alla raccolta degli asparagi che ogni giorno finiscono sugli scaffali dei supermercati di tutta Italia. A lungo invisibili, oggi i lavoratori dell'agricoltura sono tornati al centro del dibattuto perché nell'emergenza coronavirus hanno il compito, fondamentale, di produrre, raccogliere e trasportare il cibo che finisce sulle nostre tavole. Peccato che però nelle campagne del sud Italia da anni i braccianti, sia italiani che stranieri, vivono in condizioni disumane, senza tutele né diritti, ingranaggi di un meccanismo produttivo che ancora oggi li relega ai margini della società, come schiavi da usare e all'occorrenza dimenticare. Soumahoro, coordinatore nazionale del settore del lavoro agricolo dell’Usb, è nelle campagne pugliesi proprio per difendere quei lavoratori. Dove ti trovi ora? Tra Borgo Mezzanone e Torretta Antonacci, due ghetti in cui vivono migliaia di braccianti che ogni giorno producono cibo per tutti. Loro però vivono nella miseria, spesso in baracche di lamiera, e sono costretti a fare la fame. Dopo essere stati invisibili per anni i braccianti sono tornati i protagonisti non solo del dibattito politico, ma della stessa “sopravvivenza” di tutti noi perché è grazie al loro lavoro che viene garantito l'approvvigionamento di cibo nei supermercati. Ci descrive in che condizioni vivono?
Le condizioni dei braccianti di oggi ricordano quelle degli inizi del ‘900, quando lavoratori italiani e italiane vivevano nei tuguri, facevano la fame e le loro giornate erano estenuanti. Anche oggi nella filiera agroalimentare operano braccianti sia italiani che stranieri: sono sfruttati, vivono nella più totale precarietà e miseria non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale. Adesso siamo nel periodo della raccolta degli asparagi, fa molto caldo. A fronte di un contratto di lavoro che prevede al massimo 6 ore e mezza al giorno nei campi si lavora il doppio. Il salario è una miseria, non viene rispettato nemmeno il minimo previsto dal contratto, non vengono pagati gli straordinari e si lavora anche 30 giorni al mese, senza riposi. I braccianti si ritrovano in busta paga non più di 5 giornate lavorate al mese, così i padroni possono eludere le tasse ma ai lavoratori non spetta neanche la disoccupazione agricola. Ricordo che qui lavorano non meno di 50mila persone: la stragrande maggioranza sono italianissimi ma fanno la fame come gli stranieri, che vivono nelle baraccopoli senza acqua potabile, servizi igienici e costantemente sotto ricatto. Così abbiamo infiltrato un migrante nei campi di pomodori in mano a caporali e criminali3672832817Pubblicato da Fanpage.it Qual è il volume d’affari generato dalla filiera agroalimentare? Quanti, di quei soldi, finiscono nelle tasche dei braccianti? Parliamo di 143 miliardi di euro all'anno, ma ai braccianti come ai piccoli agricoltori non rimane niente. Vivono nella miseria tutti, nessuno escluso, e ai finanziamenti europei sono pochi ad avere accesso. Oggi poi la regolarizzazione degli "invisibili" deve essere una priorità assoluta. Siamo in piena pandemia, ma ci sono migliaia di lavoratori che non sanno neppure cosa sia il distanziamento sociale perché vivono da anni confinati nelle baraccopoli. Il ministro Bellanova ha spiegato che il covid ha tolto braccianti dai campi e in un’intervista sul Foglio ha detto che “è ora di regolarizzare i 600 mila clandestini per far ripartire l'economia”. Sembra che i braccianti esistano solo come ingranaggi della macchina produttiva, ma come abbiamo visto di quei 143 miliardi di fatturato non vedono neppure le briciole. Cosa pensi della proposta della ministra? Nei campi non manca la manodopera, mancano i diritti e servono competenze, non solo braccia da sfruttare. Prima di rilasciare dichiarazioni sensazionalistiche i ministri dovrebbero indossare gli stivali e scendere nei campi. I braccianti sono esseri umani, persone e non solo lavoratori. Dovrebbero essere titolari di diritti in quanto uomini e donne, e non invece sulla base del loro reddito o del lavoro che svolgono. Lo stesso discorso vale ovviamente per migliaia di colf e badanti nelle nostre case, per i riders, tutte figure esposte a molti rischi in questa emergenza sanitaria. Tutte persone da regolarizzare con la massima urgenza che necessitano di un permesso di soggiorno immediato e convertibile, cioè duraturo nel tempo, un po' come ha fatto il Portogallo. Per questo abbiamo lanciato una petizione indirizzata al Presidente del Consiglio. Perché prima di essere lavoratori e lavoratrici stiamo parlando di esseri umani da proteggere. Le sembra normale che solo noi abbiamo distribuito dispositivi di protezione individuali nelle campagne? Nel tuo libro – Umanità in rivolta (Feltrinelli) – il sottotitolo è La nostra lotta per il lavoro e il diritto alla felicità. Pensi che la pandemia possa essere per i lavoratori un’occasione di riscatto o più probabilmente l’ennesima occasione per tagliare sui diritti, come è accaduto dopo la crisi del 2008? Dai medici agli infermieri, dagli oss ai braccianti, passando per colf e trasportatori, penso che questa sia l'occasione per interrogarci su chi siamo. Le scelte politiche degli ultimi anni hanno umiliato questi lavoratori, ma hanno anche distrutto l'ambiente. Adesso è il momento di trasformare l'egoismo in solidarietà: stiamo tutti vivendo sulla nostra pelle il confinamento e l'isolamento, senza distinzioni di nazionalità. Siamo tutti uguali. Da questa pandemia dovremmo uscire con una sola bandiera: quella dell'umanità.
Davide Falcioni
Coronavirus. Regolarizzazione, la società civile scende in campo
Regolarizzazione subito, per l’interesse nazionale e per combattere sfruttamento e lavoro nero
Lapresse
Regolarizzazione subito, per l’interesse nazionale e per combattere sfruttamento e lavoro nero. In Italia le principali organizzazioni della società civile, Acli e Arci – protagoniste della campagna “Ero straniero” – dopo le indiscrezioni su una bozza di “sanatoria” in arrivo premono perché il governo si muova. Intanto la società civile organizzata si mobilita in tutta l’Ue con un appello a Bruxelles per regolarizzare i migranti sfruttati nelle campagne. In Italia la nota di “Ero straniero” diramata ieri chiede un segnale al governo. «La regolarizzazione non è più procrastinabile.
Agli italiani farebbe comodo per due ragioni – sottolinea Antonio Russo, responsabile immigrazione delle Acli –, la prima è la necessità di scongiurare una emergenza alimentare. I lavoratori stranieri del comparto sono 350mila circa, un quarto della forza lavoro. Prima del coronavirus avevamo bisogno di manopodera, figuriamoci ora che i comunitari se ne sono andati. l produttori hanno lanciato l’allarme. Un rialzo dei prezzi penalizzerebbe i più poveri.
La seconda è che la regolarizzazione dei lavoratori in nero da anni in Italia, in condizioni spesso drammatiche, consentirebbe di controllarne la salute». Russo, foggiano, conosce le condizioni durissime di lavoro e di vita nei campi e nei ghetti della Capitanata come del resto del Mezzogiorno. «Partiamo da chi può dimostrare di avere un rapporto di lavoro. Il sommerso ingrassa le mafie e i caporali. Abbiamo bisogno di ricominciare in un Paese normale».
Acli e Arci hanno sportelli dove quotidianamente si rivolgono stranieri regolari e non. Per il responsabile immigrazione dell’Arci Filippo Miraglia «un provvedimento di emersione sarebbe una operazione importante per il gettito fiscale». Ma non solo in agricoltura. «Sono molti altri i settori della nostra economia che necessitano di un intervento di questo tipo, dalla logistica alla ristorazione, dalla pesca al lavoro domestico e ai servizi di cura.
Centinaia di migliaia di colf e badanti si occupano dei nostri anziani e sono per lo più straniere senza documenti. Andrebbero poi ampliate le tipologie di contratto di lavoro emettibili con la procedura di emersione, senza il limite del tempo determinato, senza imporre contributi onerosi non sostenibili da parte di lavoratore e datore di lavoro. Troppe condizioni generano corruzione. Sarebbe assurdo escludere chi ha avuto l’espulsione, che non riguarda necessariamente la condotta. Un provvedimento limitato nel tempo e a determinati settori non andrebbe a intaccare il grosso dell’irregolarità e non contribuirebbe a combattere il nero. Il governo vada fino in fondo, è un provvedimento utile all’Italia in un momento difficile.
Gli odiatori di professione attaccheranno comunque». Il movimento per la regolarizzazione è ormai continentale. Un appello siglato da Caritas Europa, da Ong impegnate nei ghetti come Intersos, dai produttori di Slow food, i giuristi di Asgi e Picum, che tutela i lavoratori senza permesso si rivolge alle istituzioni dell’Ue. «La carenza di manodopera dimostra che l’agricoltura europea dipende in larga misura dai migranti, molti privi di documenti, che raccolgono la nostra frutta e gli ortaggi, si occupano del confezionamento e la lavorazione dei nostri alimenti», dice il testo, rilevando come il settore agricolo nel continente sia «rovinato da salari estremamente bassi, da un’alta percentuale di lavoro sommerso e cattive condizioni di lavoro.
Migliaia di lavoratori agricoli migranti – sia cittadini dell’Ue che di Paesi terzi – vivono in baracche e insediamenti in cui è impossibile osservare le distanze fisiche e la pandemia potrebbe avere effetti devastanti. Nei campi e in molti impianti di trasformazione alimentare, i lavoratori sono a stretto contatto senza dispositivi di protezione». Quindi la richiesta di affrontare la situazione difficile mobilitando finanziamenti supplementari per garantire alloggi dignitosi, accesso all’acqua, dispositivi di protezione per i lavoratori dei campi e negli impianti di trasformazione. Si chiede infine il permesso per migranti e rifugiati privi di documenti e la proroga di quelli in scadenza.
FONTE QUOTIDIANO AVVENIRE
video fondazone della cascinetta didattica onlus di Castelverde
la nostra missione
STRALCIO DAL NOSTRO STATUTO.
Associazione in cammino con S.Francesco La Cascinetta Didattica onlus. Anno di nascita 2015. Declaratoria del nostro statuto. (MISSIONE ETICA SENZA SCOPO DI LUCRO L'ASSOCIAZIONE SI AUTOFINANZIA).
Email:cervi.gabriele@libero.it
Presidente Gabriele Cervi Diplomato in Dirigente di Comunità' e Contabilità Aziendale.
L'Associazione denominata “In cammino con S.Francesco La Cascinetta didattica in conformità all’ atto di costituzione e agli scopi sociali intende perseguire le seguenti finalità: - Proporsi come luogo d’intervento sul disagio minorile e giovanile, dispersione scolastica e non. Si propone la promozione di esperienze per l’accoglienza e il pieno sviluppo delle potenzialità di ragazzi e giovani che vivono situazioni di sofferenza lavorative, inoccupati, nullafacenti e non.
- Promuove attività di animazione, cooperazione allo sviluppo, progetti di assistenza, sostegno e formazione attivando convenzioni con vari enti accreditati e non del territorio per stage, tirocini, doti lavoro.
- Organizza attività di studio convegni e sensibilizzazione nell’ambito dei settori in cui opera
- Promuove e coordina gruppi di auto mutuo aiuto rivolti a genitori, per parlare discutere proporre percorsi mirati per supportare l’inserimento sociale e lavorativo.
- Organizza attività di formazione gratuita. al fine di fornire competenze professionali utili per l’inserimento nel mondo del lavoro. .
Ha propri laboratori (Autofficina, Carrozzeria, Saldatura, Informatica, Animazione-Doposcuola)
- Ha un proprio Orto Sociale Biologico, ha una propria Stalla con Animali, Cura la Manutenzione del Verde ecc.
Può dare in gestione i propri spazi e i propri laboratori a titolo gratuito a: Associazioni, Comuni, scuole , oratori. parrocchie, e privati.
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